Cosa succederebbe se per qualche secondo o per un tempo più lungo si potesse entrare nel corpo di un’altra persona? L’identità sarebbe nel nuovo corpo o resterebbe parzialmente ancorata al vecchio? Chi sono io, se il mio corpo non è più il mio? Chi sei tu, se non riconosci più te stesso nella tua componente fisica? Cosa accadrebbe se un macchinario diabolico trasportasse la nostra res cogitans, citando Cartesio, in un’altra res extensa?
Il film “It’s What’s Inside” (2024) su Netflix prova a rispondere a queste domande trasportandoci in un vortice di ansia e terrore psicologico, utilizzando un semplice espediente di fantascienza: lo scambio di corpi. Ma cosa accade realmente quando i personaggi non sono più “loro stessi”? Questa domanda ci porta direttamente nel cuore di alcune teorie psicologiche fondamentali.
“Pensi di conoscere te stesso… ma cosa succede quando ti svegli e non è il tuo viso allo specchio?”
Questo film mette a dura prova il concetto di identità e allo stesso tempo anche lo spettatore perde i riferimenti in una sensazione di straniamento e confusione. Secondo Erik Erikson, l’identità è il risultato di un processo di sviluppo che integra le esperienze con il proprio senso del sé. Ma quando i personaggi perdono il controllo del proprio corpo, entrano in una crisi esistenziale, rispecchiando la “crisi d’identità” di Erikson. I protagonisti devono affrontare un vero e proprio vuoto interiore, poiché non riescono più a riconoscersi. Si perde l’aspetto di continuità del sè, producendo un senso di angoscia e di panico.
A questo si aggiunge la tematica della dissociazione, esplorata da Pierre Janet e Sigmund Freud. Il trauma psicologico dell’essere intrappolati in un corpo diverso dal proprio provoca una frattura nella coscienza, lasciando i personaggi disorientati e alienati, in una dissociazione che rappresenta la perdita del controllo sul proprio essere. I personaggi, dentro i corpi di altri, fanno cose che nel loro corpo probabilmente non avrebbero fatto. La dissociazione diventa quasi un alibi per dare sfogo agli istinti più primordiali.
A tal proposito non si può ignorare l’aspetto del disimpegno morale descritto da Albert Bandura. Gli amici, attraverso lo scambio di corpo, si permettono azioni immorali senza sensi di colpa, giustificandosi con la separazione dal proprio sé fisico. È un esempio perfetto di come la tecnologia possa essere usata come scusa per evitare responsabilità personali. Nel corpo di altri si prendono la libertà di tradire un partner o un’amicizia, assumono comportamenti maggiormente disinibiti e socialmente deplorevoli.
“Sono ancora io se il mio corpo non è più mio?”
Questa domanda risuona profondamente con la filosofia di Maurice Merleau-Ponty, il quale vede il corpo come il centro dell’esperienza. Per Merleau-Ponty, il nostro senso di sé è intimamente legato al nostro essere fisico; il corpo non è solo un oggetto che possediamo, ma una parte integrale di come sperimentiamo il mondo. Il film sfida questa nozione, privando i personaggi della loro forma corporea abituale e costringendoli a rivalutare la propria identità e il controllo sulle proprie vite.
“It’s What’s Inside” non è solo un thriller fantascientifico, ma un viaggio profondo nell’anima, dove l’orrore non deriva dai mostri esterni, ma dalla perdita del controllo di ciò che ci rende noi stessi.