Melancholia di Lars von Trier è una profonda esplorazione psicologica che utilizza l’imminente fine del mondo per riflettere su depressione, ansia, traumi familiari e mortalità. Justine, intrappolata in un vuoto emotivo, incarna una forma severa di depressione che richiama la “melancolia” descritta da Sigmund Freud nel suo saggio Lutto e Melanconia (1917). Freud descrive la depressione come un lutto irrisolto, in cui l’individuo perde il senso di connessione con il mondo, proprio come Justine, che appare emotivamente disconnessa anche durante il suo matrimonio.
La dinamica familiare gioca un ruolo cruciale nella psicologia dei personaggi. Le relazioni difficili con i genitori, specialmente con la madre fredda e cinica, sembrano contribuire al disturbo depressivo di Justine. Secondo Donald Winnicott e la sua teoria del falso Sé, un’infanzia segnata dall’incapacità dei genitori di offrire un sostegno emotivo autentico può spingere una persona a sviluppare un Sé difensivo, incapace di vivere pienamente la propria autenticità, proprio come avviene con Justine, che fatica a trovare un senso nella vita adulta.
Il personaggio di Claire, invece, cerca disperatamente di mantenere il controllo, incarnando l’ansia di fronte all’incertezza. Rollo May, nella sua teoria dell’ansia, sottolinea come essa derivi dalla paura dell’ignoto e dall’impossibilità di controllare il futuro. Claire rappresenta questo bisogno di controllo, che viene però progressivamente distrutto dall’ineluttabilità dell’apocalisse.
La calma di Justine di fronte alla fine del mondo richiama la teoria dell’accettazione radicale di Marsha Linehan, secondo cui l’accettazione profonda del dolore e della realtà inevitabile può portare a una sorta di liberazione. Justine, che ha già sperimentato una “fine del mondo” interiore attraverso la depressione, accoglie serenamente la catastrofe, mentre Claire crolla di fronte alla perdita di controllo.
Il pianeta Melancholia diventa così una metafora della malattia mentale, avanzando inesorabilmente come la depressione che si impossessa della vita di una persona, un concetto simile alla visione di Aaron Beck sulla depressione come un ciclo di pensieri negativi ineluttabili, che, come Melancholia, non possono essere evitati.
In sintesi, Melancholia riflette sulle dinamiche familiari, la fragilità umana e la risposta psicologica alla depressione e all’ansia, mostrando come il trauma, la perdita e l’accettazione della mortalità influenzino profondamente la nostra esperienza esistenziale.