Cinema e psicologia

“La mia vita da zucchina”: Infanzie abusate in stop-motion

“La mia vita da zucchina” è un film d’animazione in stop-motion con personaggi che sembrano pupazzi di plastilina, diretto da Claude Barras. Le atmosfere ricordano per certi versi il cupo Tim Burton, e anche solo per questo, non potevano che spingermi a guardare questo breve film.

In soli 70 minuti cattura lo spettatore, trattando un tema non semplice. I cattivi infatti non sono mostri, streghe, orchi, bensì adulti abusanti, adulti trascuranti, adulti troppo sofferenti per poter essere genitori in modo funzionale.

Zucchina finisce in una casa per bambini senza famiglia dopo la morte della madre alcolizzata e lì incontra altri bambini traumatizzati, che come lui sono stati tolti alla famiglia per poter provare a vivere in modo più sereno gli anni dell’infanzia e mettere così le basi per un futuro migliore!

Così come ci sono adulti cattivi, vengono presentati anche adulti buoni, che diventano risorse ed esperienze emozionali correttive per i piccoli ospiti, facendo loro vivere attimi di “famiglia” e calore: l’insegnante durante una gita in montagna balla in modo spassoso e divertente e il poliziotto è figura di riferimento non solo per Zucchina, ma per tutti i bambini della casa.

Temi forti come l’abuso, il trauma, l’infanzia violata e calpestata, la malattia mentale, la tossicodipendenza vengono trattati con grazia e delicatezza, non edulcorando il dramma, presentandolo nella sua cruda realtà ma in modo leggero, da film di animazione.

Spesso le case famiglia sono descritte come posti inospitali, freddi, con istitutrici severe, qui invece si respira amore e affetto, tanto che, quando a Zucchina viene proposta l’adozione, non vuole accettare per non abbandonare i suoi compagni. Il bacio della buonanotte della maestrina simboleggia il calore che regna qui.

Nel suo essere una fiaba moderna, ci sarà il lieto fine per Zucchina e nella scena che precede il finale imparerà che si può piangere non solo di tristezza, di dolore e sofferenza, ma anche di felicità.

Delicato ma che spinge a riflettere il finale: la maestra ha portato nella casa famiglia il bambino neonato e i piccoli ospiti la tempestano di domande chiedendo se davvero non lo abbandonerà mai, neanche se se la farà addosso, neanche se farà i capricci, neanche se gli puzzeranno i piedi. Queste sono per loro le più terribili nefandezze possibili, quando in realtà sulla loro pelle hanno vissuto quanto di peggiore si possa immaginare. La maestra li rassicura che no, non lo abbandonerà, neanche se gli puzzeranno i piedi.

Qualcuno potrebbe chiedersi… ma essendo un film d’animazione la visione è consigliata ai bambini? Per i temi che tratta credo possa essere capito e metabolizzato dai ragazzi a partire dalla scuola media.

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