Cinema e psicologia

The Haunting of Bly Manor – Quando il trauma imprigiona

Quando si ama il proprio lavoro si indossano i propri abiti professionali anche quando si è sul divano con la copertina, una tazza di tè fumante e un’ottima serie tv da guardare!

La serie tv “The Haunting of Bly Manor” del regista Mike Flanagan mette in scena in modo mirabile temi cari alla psicologia clinica e alla teoria del trauma,

“”Per amare davvero una persona bisogna accettare il fatto che l’amore per l’altro equivalga al dolore di perderlo”

Nel racconto il tema della morte e del lutto tocca a vario titolo tutti i personaggi ed è, paradossalmente insieme all’amore, uno dei fils rouges dell’opera. Gli Eros e Thanatos di freudiana memoria si compenetrano e si completano a vicenda. Laddove c’è molto amore, può anche esserci la morte e la vita dopo la morte di chi si ama, prende una colorazione totalmente diversa. Come in uno specchio fantastico e stravolgente, questa concettualizzazione viene ribaltata anche immaginando la sofferenza vissuta dall’anima della persona morta (e non solo da parte di chi è rimasto). Il fantasma di Bly Manor torna infatti per cercare di raggiungere l’amato marito e l’amata figlia e questo rende il legame “amore e morte” bidirezionale. Il lutto non è solo di chi resta, ma anche di chi se ne va. Il tema della morte, inoltre, si intreccia anche con il tema della malattia e di cosa possa significare per i caregivers affrontare e gestire la lunga malattia e le incongruenze, talvolta giustificate e talvolta no, del malato. Si potrebbe parlare per delle ore della morte e del lutto in questa serie tv: la morte dei genitori, come i bambini sperimentano il lutto, i riti che accompagnano la morte, il lutto bloccato, il lutto non elaborato… Inoltre molti altri temi cari alla psicologia vengono toccati: relazioni famigliari, tradimenti, segreti, istituzionalizzazione, abuso di alcol etc.. ma quello su cui vorrei soffermarmi è l’aspetto del trauma.

Anche il trauma è elemento cardine a più livelli, ma restando nella parte di trama più ancorata alla realtà e meno fantastica, la protagonista si trova ad affrontare un trauma con la T maiuscola: dopo una discussione nella quale lei ha messo fine alla relazione col fidanzato storico, in procinto del matrimonio, mentre lui esce dall’auto viene investito e muore. Se la protagonista ricevesse una diagnosi da un professionista, probabilmente le diagnosticherebbe un PTSD (Disturbo Post-Traumatico da Stress). Nonostante aver messo chilometri di separazione tra dove è avvenuto l’incidente e dove vive ora, nonostante aver preso le distanze da tutto ciò che glielo possa ricordare, il trauma è vivo è sempre attuale. Ricompare qui sotto forma di spirito o fantasma inquietante, così come nel PTSD la riattualizzazione del trauma avviene sotto forma di incubi o di flashback. Spesso capita che qualche oggetto particolare veicoli il ricordo del trauma e che toccarlo o vederlo riporti il traumatizzato alle sensazioni di pericolo imminente vissute al momento del trauma, Questo alla protagonista succede quando vede gli occhiali che lui indossava e l’ansia sperimentata diventa intollerabile in quei momenti, sfociando in veri e propri attacchi di panico. Cosa nella serie farà sì che avvenga l’elaborazione del trauma? Non ricorre a una seduta EMDR, come proponiamo noi ai nostri pazienti, ma risulta terapeutico il narrare la sua vicenda e non tenerla prigioniera della propria mente, così come l’effettuare una sorta di rito liberatorio che consiste nel gettare nel fuoco gli occhiali. Questo vorrà dire che lei si dimenticherà di ciò che è successo? Assolutamente no, ma il ricordarlo sarà meno doloroso e si è così auto-protetta dal ricordo disturbante. Questo sarebbe stato un interessante caso da trattare con EMDR dal momento che questa tecnica va ad agire proprio sul trauma e, quanto più il trauma è grande, tanto più l’elaborazione sarà rapida.

“Penso che quest’uomo stia soffrendo a causa dei suoi ricordi” (S. Freud)

Questa donna soffriva a causa dei suoi ricordi e potersene liberare le ha permesso di raggiungere una posizione che addirittura le ha consentito poi di introiettare il demone che infestava la residenza, ospitarlo dentro di sè e conviverci per alcuni anni, prima di venirne sopraffatta. Da persona sofferente a vera risorsa per la risoluzione del mistero.

Sarebbero ancora tante le riflessioni da fare, ma la trama è intricata e già così il rischio di spoiler è elevatissimo. Un’ultima annotazione però vorrei farla sulla narrazione e sul suo potere, sia in ambito psicoterapeutico che nella vita di tutti i giorni. La vicenda prende le mosse dal racconto di una storia, che permette di recuperare memorie sopite o addirittura rimosse in parte dei protagonisti. La terapia è una lunga narrazione e rinarrazione che permette di arrivare a nuove aperture e a nuovi significati e anche qui succede questo. Narrare serve ad elaborare e nella narrazione i ricordi prendono forma.

La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla” (Gabriel Garcia Marquez)

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